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Europa

Domande e risposte | Una voce e un leader per il cambiamento

Parliamo con il presidente eletto dell’ESO, Prof. Peter Kelly, dell’attuazione del Piano d’azione sull’ictus dell’ESO per l’Europa.
Angels team 12 gennaio 2022

Entro la metà del 2022, la gestione dell’ictus avrà un nuovo responsabile in Europa. L’equità nella salute e il sostegno all’attuazione del Piano d’azione europeo per l’ictus rimarranno punti importanti in agenda, afferma il neopresidente dell’ESO prof. Peter Kelly, e l’infiammazione si presenta come la nuova frontiera per la prevenzione dei rischi.

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Cosa significa per Lei il ruolo di presidente dell’ESO nel contesto di una carriera dedicata alla prevenzione dell’ictus, all’ictus acuto e alla guarigione?

È un grande onore rappresentare e servire la comunità delle stroke unit in Europa: i miei colleghi, i professionisti sanitari che si occupano di ictus in Europa e i pazienti con le loro famiglie. L’ESO costituisce un grande impegno di squadra e il mio ruolo sarà quello di un caposquadra. Il mio lavoro nei prossimi due anni consisterà nel seguire le orme dei miei predecessori, che hanno svolto un lavoro eccezionale, e sviluppare ulteriormente i programmi esistenti, così da lasciare l’organizzazione in condizioni ancora migliori.

Quali sono i problemi principali nell’accesso all’assistenza per l’ictus in Europa e quali dovrebbero essere le priorità in agenda per cercare di risolverli?

È importante che i Paesi europei ad alto reddito sostengano quelli a basso e medio reddito. È stato dimostrato che l’assistenza sanitaria dipende ed è direttamente proporzionale al reddito medio; per questo motivo, è importante focalizzarsi sull’equità sanitaria, in termini di prevenzione e terapie, per i Paesi a basso e medio reddito.

I tre principali programmi ESO che danno priorità alla nostra missione di equità e la supportano sono il Piano d’azione europeo per l’ictus (Stroke Action Plan for Europe, SAPE), la conferenza ESO annuale, il cui scopo è educare i professionisti a un’assistenza di qualità negli ospedali e nelle comunità, e il programma Guideline, finalizzato a fornire linee guida chiare e basate sulle evidenze per la gestione dell’ictus.

L’ESO appoggia inoltre le iniziative per la qualità dell’assistenza, come l’Iniziativa Angels e RES-Q, e incoraggia gli specialisti in ictus all’inizio della loro carriera in Europa orientale a frequentare seminari, scuole invernali ed estive e master sull’assistenza per l’ictus, grazie ai quali l’ESO promuove un miglioramento dei livelli di formazione e lo sviluppo delle reti e del sostegno tra pari.

Lei ha iniziato la sua carriera di neurologo alla fine degli anni ’80; cosa ha motivato la sua scelta di dedicarsi al trattamento dell’ictus?

Da neurologo tirocinante, la mia grande motivazione è stata la serie di problemi irrisolti dei pazienti colpiti da ictus. La gestione dell’ictus in Irlanda negli anni ’80 e ’90 lasciava molto a desiderare. Il numero di neurologi specialisti in ictus era relativamente esiguo ed ero entusiasta di contribuire e aprire nuovi orizzonti, laddove possibile.

All’inizio degli anni ’90 ho fatto un tirocinio al Massachusetts General Hospital di Boston, ad Harvard e al MIT, dove ho trovato un ambiente sanitario diverso rispetto all’Irlanda. Ho avuto la fortuna di formarmi in un ambiente molto collaborativo, con una solida tradizione nella gestione dell’ictus, e di essere influenzato da da ricercatori clinici come Karen Furie e Steve Greenberg, e da pionieri come C. Miller Fisher e Phil Kistler.

È stato anche il momento in cui le sperimentazioni sulla trombolisi avevano dimostrato che l’ictus poteva essere trattato nella fase acuta. In precedenza c’era stato un nichilismo terapeutico riguardo alle opzioni di trattamento per l’ictus. Alla fine non ho fatto altro che prendere i valori e i modelli dei luoghi dove mi ero formato e di applicarli altrove.

Qual è stato l’ultimo grande progresso nel trattamento dell’ictus?

Negli ultimi 10 anni le sperimentazioni sulla trombectomia sono state assolutamente fondamentali. Hanno completamente cambiato il modo di concepire e organizzare il trattamento d’urgenza dell’ictus. Come conseguenza diretta di queste sperimentazioni nel campo dell’ictus acuto, energia e dinamismo sono alle stelle e l’attenzione si è spostata su nuovi problemi, ad esempio i pazienti che arrivano tardivamente in ospedale, i punteggi ASPECTS CT inferiori e l’occlusione dei vasi di medio calibro.

La previsione del rischio è stato un obiettivo primario della ricerca: quali sono le nozioni più importanti acquisite di recente dal suo lavoro in questo campo?

Sebbene io sia un medico praticante che ha a che fare con molte chiamate di emergenza per ictus, la mia ricerca sulla prevenzione negli ultimi cinque anni si è focalizzata sul ruolo svolto dall’infiammazione nelle placche aterosclerotiche e sulle nuove opportunità terapeutiche per prevenire gli eventi cardiaci e l’ictus secondario.

L’infiammazione è la nuova frontiera. Lo studio CANTOS (2017) ha dimostrato che l’aggiunta del farmaco antinfiammatorio canakinumab alle misure di prevenzione standard riduce il rischio di eventi vascolari. Questo è stato un punto di svolta che negli anni futuri potrebbe essere considerato significativo quanto la prima sperimentazione sulle statine o la prima trombectomia.

Attualmente è in corso lo studio CONVINCE, condotto da Dublino, volto a scoprire se la colchicina, un farmaco per l’artrite, possa trovare un nuovo impiego, similmente a quanto è accaduto con l’aspirina, per prevenire le recidive di ictus e gli eventi coronarici dopo un ictus non grave (il prof. Kelly è il direttore di questo ampio studio internazionale per valutare l’uso della colchicina nella prevenzione dell’infiammazione vascolare).

Il piano SAPE dell’ESO identifica quattro obiettivi da raggiungere entro il 2030. A nove anni dal traguardo, quali progressi sono stati fatti?

L’attuazione del SAPE spetta in ultima analisi ai sistemi sanitari di ogni nazione. Ciò che può fare l’ESO è dare voce ai suoi membri e guidare il cambiamento. Guidata da Hanne Christensen, la strategia SAPE dell’ESO è stata quella di sviluppare una struttura per abilitare, incoraggiare e supportare i team e gli attori locali al fine di creare nuove collaborazioni per raggiungere questi obiettivi.

Il primo passo è identificare i campioni nazionali e supportarli affinché aprano un dialogo con il proprio governo e con le organizzazioni di supporto ai malati con ictus nel loro Paese. La triade composta da Ministero della Salute, professionisti sanitari e associazioni dei malati costituisce il fulcro di ciascuna nazione. Una volta stabiliti questi collegamenti, bisogna supportarli per sviluppare un piano, implementarlo, misurarne il successo, confrontarlo a livello internazionale, modificarlo e implementarlo nuovamente, con il Comitato direttivo dell’ESO e il SAPE incaricati di svolgere un ruolo di supporto globale.

L’ESO ha anche sviluppato una Dichiarazione di intenti, che invitiamo i governi nazionali a sottoscrivere. per impegnarsi ad applicare le specifiche del SAPE. Tre governi hanno già firmato e diversi altri sono in procinto di farlo. Il team SAPE ha anche sviluppato uno strumento basato sul web per acquisire i dati nazionali e monitorare le prestazioni aggregate di ciascun Paese in relazione agli indicatori di prestazioni chiave (Key Performance Indicator, KPI) del SAPE. Questi dati verranno aggiornati annualmente per facilitare i confronti longitudinali e geografici nel tempo.

C’è una chiara sinergia tra questo programma e l’Iniziativa Angels.

Sì, l’Iniziativa Angels è un eccellente partner del SAPE. La sinergia e la sovrapposizione con l’Iniziativa Angels, in particolare nei Paesi a basso e medio reddito, sono estremamente positive. L’ESO è molto orgoglioso di partecipare al programma Angels.

 

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